giovedì 26 maggio 2016

La bicicletta verde

Uno dei temi caldi, che mi si chiede di affrontare, è la tanto discussa questione femminile. Purtroppo, devo ribadire che non ho elementi sufficienti per trattare o approfondire l'argomento.
Vorrei lasciar parlare i fotogrammi di un film, la cui regia si deve ad una donna saudita.


"La bicicletta verde" è un film del 2012, scritto e diretto da  Haifaa Al-Mansour. E' l'ottava di dodici figli del poeta Abdul Rahman Mansour, che la introdusse al mondo dei film attraverso i video, visto che non ci sono cinema in Arabia Saudita. Si è laureata in Lettere all'Università Americana del Cairo ed ha completato un Master in Regia presso l'Università di Sidney. Ha avuto molto successo con i suoi primi cortometraggi e documentari, dove è sia apprezzata che diffamata, a causa dei suoi argomenti considerati "tabù" nel Regno saudita, come la tolleranza, i pericoli dell'ortodossia e la critica alla cultura restrittiva araba.


Per i nostri canoni cinematografici, il ritmo di questo film risulta sicuramente lento e poco accattivante in termini di creazione di  una narratività scorrevole, ma i temi che emergono sono di sicuro interesse.
Occorre ripercorrere la trama per enucleare alcuni aspetti di vita messi in luce dalla regista, ma per coloro che vogliono vedere il film, occorre fermarsi qui e riprendere la lettura dopo la sua visione.
Il link per visionarlo su Youtube è: https://www.youtube.com/watch?v=dUFwaC0XRRo

La protagonista del film è Wadjda, una bambina molto sveglia, spigliata e talvolta irriverente nei confronti del conformismo religioso. Ama divertirsi usando di nascosto la bicicletta del suo amico Abdullah.


I due decidono di sfidarsi tra loro, ma c'è un problema: Wadjda non ha una bicicletta. Un giorno sulla strada per la scuola vede una bicicletta verde, nuova, ancora avvolta nel cellophane, trasportata sul tetto di una macchina. La segue fino ad arrivare nei pressi di un emporio in cui sarà messa in vendita; è allora che si pone l'obiettivo di comprarla. Chiede al proprietario, donandogli una compilation di canzoni su musicassetta a suggello della richiesta, di tenergliela da parte finché non avrà raccolto gli 800 riyal necessari per acquistarla.


Da quel giorno non perde occasione per mettere da parte piccole somme, vendendo braccialetti da lei stessa intrecciati e facendo piccoli favori alle compagne di scuola. Sua madre, così come i professori, trova sconveniente che Wadjda acquisti la bicicletta, ma ha altro di cui preoccuparsi. Lei è infatti sterile sin da quando nacque Wadjda, e suo marito le ha reso nota l'intenzione di sposarsi con una seconda moglie per poter dare finalmente alla luce un figlio maschio. La donna tenta quindi, mostrandosi disponibile e sensuale, di dissuadere il marito.


Nel frattempo, la scuola frequentata da Wadjda annuncia la gara annuale di conoscenza del Corano, il cui vincitore si aggiudicherà 1000 riyal. La bambina non si lascia sfuggire l'occasione e, lungi da qualunque motivazione spirituale, intraprende dure sessioni di studio con l'obiettivo di ottenere il denaro col quale comprare la bicicletta.


La sua determinazione fa sì che, non senza grande impegno da parte sua, Wadjda raggiunga il primo posto al concorso. Al momento dei ringraziamenti, la preside le chiede a quale spesa destinerà i soldi, e la bambina confessa ingenuamente di voler comprare una bicicletta. L'intero pubblico è indignato dalle sue parole e la preside le nega di ottenere il premio, devolvendo in beneficenza alla causa palestinese i 1000 riyal.

Wadjda si è dovuta sottomettere alla chiusa mentalità del suo Paese, e sua madre ha fallito nel tentativo di rimanere l'unica donna dell'uomo che ama. Ma il finale del film mostra un barlume di speranza: la sera del matrimonio, Wadjda riceve in regalo da sua madre la bicicletta verde cui aspirava, che nel contesto assurge a simbolo di ribellione. Le donne devono quindi sostenersi e collaborare per ottenere la giusta considerazione all'interno di una società fondamentalmente classista e maschilista.

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