martedì 28 febbraio 2017

Vi presento Al Khobar


Ho sempre pensato di volervi presentare la città dove vivo, il luogo che mi ospita da poco più di un anno: Al Khobar.
Intanto, penso sia opportuno fornirvi qualche dettaglio introduttivo. Si tratta di una vasta città situata nella "Eastern Province" del Regno dell'Arabia Saudita sulla costa del Golfo Persico. E' una delle più grandi città afferenti al "Gulf Cooperation Council", con una popolazione di circa un milione di abitanti. Insieme alle città di Dammam e Dhahran fa parte dell'area metropolitana di Dammam, la terza area più vasta dell'Arabia Saudita con una popolazione stimata intorno ai cinque milioni di abitanti.
In tempi antichi, Khobar era un piccolo porto sul Golfo Persico, un villaggio di pescatori abitato maggiormente dai membri della famiglia (intesa in senso ampio di tribù) Al Dossary. Con la scoperta del petrolio, negli anni Trenta, si è trasformata in una centro commerciale ed in un porto industriale.
 
In Italia o in altri paesi risulterebbe facile parlare di una città. Basterebbe fare un reportage fotografico dei principali monumenti, delle festività annualmente ricorrenti, dei cibi della tradizione.
 
E cosa dire di una città saudita, dove non ci sono monumenti, dove non ci sono festività, dove i cibi sono non solo quelli della tradizione, ma sono spesso contaminazioni di paesi limitrofi o cibi etnici.
Eppure un giorno apro Facebook e vedo un post condiviso dal Sig.  Muhammad Talha Mustafvi, il quale scrive:
"The place where my childhood, my boyhood echos.
The place I can never forget.
It belongs to me and I belong to it."
(Il luogo degli echi della mia infanzia, il luogo della mia adolescenza. Il luogo che non potrò mai dimenticare. Lui mi appartiene ed io appartengo a lui.)
 
Ed allega a queste meravigliose parole di forte senso di appartenenza un video. Si tratta della sua amata città, intende condividere e mostrare a tutti Al Khobar. Mi ha generosamente concesso l'opportunità di condividere, a mia volta, il video.

 
Vi chiedo di vederlo, immergetevi in questo viaggio.


Vivete la città di giorno, quando si sveglia lentamente per animarsi del commercio cittadino. E' l'attività più fervente.
E' quella del centro, la zona vecchia, dove i negozietti sono organizzati per "corporazioni". Un souq allargato dove da King Khalid Street (la via principale) le stradine si intersecano in un labirinto. E c'è la strada delle stoffe, c'è la strada dell'oro, c'è la strada delle spezie, c'è la strada dell'arredamento, c'è la strada dei giocattoli, c'è la strada dei vestiti, c'è la strada degli elettrodomestici e l'elenco è ancora molto lungo!

Ma il commercio è anche quello dei mall: dei centri commerciali più all'avanguardia, dei brand internazionali e delle griffe più esclusive. La città ospita uno dei centri più lussuosi del Middle East ed è facile comprenderlo quando si fa fatica a camminare e si pensa alla sua immensa grandezza.

 


E' la città che ospita quartieri di prestigio, l'immensa boulevard definita un po' la "Beverly Hills" di Khobar, il lusso che ostenta la ricchezza derivata dal petrolio!
 

 
Le giova il fatto di essere per eccellenza la città di confine per il Bahrein. Quando si intravede il lungo ponte, è esattamente quello dell'autostrada King Fahd Causeway, il lasciapassare verso il mondo della "perdizione"!
Vivete la città al tramonto, quando c'è il sole, grande, che si abbassa e si affaccia e si divide dietro ai grattacieli. Passeggiate lungo la corniche (il lungomare) quando il mare assume i colori cangianti del cielo che gli si specchia dentro.

E' questa la zona che più le dà lustro, un lungo camminamento lastricato, affiancato da eleganti lampioni ed alberi di palme, un grande parco antistante con giochi per i bambini e ristoranti chic.

Vivete la città di notte, quando c'è la luna che sembra cullarsi nel buio del cielo. La città si colora, vive di un battito ancora più fervente perché il caldo della giornata comincia ad affievolirsi. La città prende i colori delle luci, quelle che giocano sulle facciate degli alberghi, quelle che colorano le immagini figurative delle rotatorie, quelle estremamente attraenti delle insegne.

E' candidata a diventare una città moderna e all'avanguardia, ma ancora le manca la pulizia della finitezza. E' tutto ancora in divenire, un grande cantiere non ancora portato a termine.

Ecco cosa le auguro... Non solo che abitazioni, palazzi, ospedali, supermercati continuino a prendere velocemente forma, che si arricchisca di nuovi quartieri, che l'edilizia le doni la modernità architettonica a cui aspira, ma anche che cresca con un maggior rispetto ecologico, prendendo consapevolezza che il rispetto dell'ecosistema è parte integrante del suo sviluppo in divenire!

venerdì 17 febbraio 2017

Benedetta pioggia!

Quando si pensa all'Arabia Saudita si pensa deserto, sabbia, dune, cammelli. Il nostro immaginario restituisce idee di oasi rare e preziose, come rara e preziosa nel caldo soffocante è l'acqua.

Non è un caso che, architettonicamente, gli alcazar ospitino nei loro lussuosi cortili di ingresso delle piscine o delle fontane per celebrare l'acqua.
 
Ancora oggi, ogni pioggia è vissuta come una benedizione, è festa di ringraziamento per la sua concessione. 
Eppure "Benedetta pioggia!" può rimandare all'inverso significato di chi inveisce sottilmente! Ed è cosí!... perchè non c'è nulla di peggiore di un paese impreparato a qualsivoglia imprevisto naturale. Quando le precipitazioni interessano quest'area si crea il caos più assoluto!

Quando sull'app del meteo compaiono previsioni di questo tipo, si comincia a temere il peggio...
 
Bisogna considerare, innanzitutto, che non ci sono sistemi infrastrutturali di drenaggio delle acque per le strade: inesistenti sia i tombini che i laterali canali di scolo. Questa assenza trasforma le corsie in torrenti in piena, trasforma i sottopassi in stagni lacustri, trasforma le piazze in piscine ed i parcheggi in bacini che sommergeranno tutti gli autoveicoli che vi stazionavano.
 
La foto che segue sembra quasi una parodia...
Mio marito, ad ogni pioggia, ringrazia di avere investito in un piccolo suv, che, sicuramente, è essenziale per sfidare questa ambientazione! 
E non fosse che anche i centri commerciali tirano giù le serrande
 
e gli uffici accorciano la giornata lavorativa per spedire velocemente a casa tutti gli impiegati.
E le scuole... i genitori ricevono l'avviso di chiusura: domani si fa "virtual school", ovvero docenti ed alunni si incontrano sul web, dove vengono forniti esercizi che gli studenti svolgeranno sui loro computer direttamente da casa.
Se poi il tutto si limitasse all'esterno, ciascuno avrebbe comunque l'opportunità di rifugiarsi in casa propria, ma anche qui c'è tutto un lungo elenco di disagi che rischiano di manifestarsi: acqua che si infiltra nelle pareti, acqua che cade dal soffitto, acqua che raggiunge il livello dell'ingresso, energia elettrica che salta, connessioni interrotte.
I compound chiusi nella loro cerchia muraria rischiano di diventare dei veri e propri "water park"!
 
È una macchina che fatica a digerire questo evento, che crea enormi disagi per lo svolgimento della quotidianità e allora "Maledetta pioggia!" ci sta tutto!

domenica 12 febbraio 2017

Family reunion!!!

 
E' un peccato quando l'occhio si abitua al contesto che lo circonda, non è più così sottile ed attento a cogliere il nuovo e le sfumature. Non ne ero così consapevole, fin quando non sono venuti a farci visita i miei genitori. E' stato come rivivere le prime impressioni, la sensazione di essere in una parte di mondo così lontana... e non solo geograficamente. Queste sensazioni, dal sapore più fresco, ve le racconta direttamente mio padre...   

"Di esperienze di viaggio ne avevamo fatte, ma erano altre, per vacanza, cultura, ricongiungimenti familiari. Eh sì perché siamo una famiglia vocata all'espatrio....il fratello di mio padre emigrò in Sud Africa subito dopo il secondo conflitto mondiale. Mio fratello, allora diciottenne, lo raggiunse negli anni Sessanta. Dopo qualche anno, messa su famiglia, tornò in Italia, poi pensò bene di ripartire ed andò in Inghilterra, paese di origine di sua moglie, dove il suo ramo familiare è alla terza generazione. Il nonno di mia moglie, invece, fu impegnato per diversi anni nelle miniere di carbone in Belgio. Insomma il mondo di fuori lo conoscevamo, ma mai avremmo pensato di dover vivere una esperienza di questo genere. Un giorno Alessandro (mio marito e suo genero!) ci dice che partirà. Caspita ma allora è  destino! Si dice partire è un po' morire, morire perché nasce un uomo nuovo, in un mondo nuovo... ma per noi era nuovissimo! Allora dai a spremerti le meningi per ricordare qualcosa che tanti anni fa hai studiato, Arabia Saudita - capitale Ryad, deserto, cammelli! E' un po' troppo poco e vai a cercare notizie, ma ne trovi sempre poche! E se dici che hai figli che sono lì a lavorare, tutti ti rispondono "Ah, sì, sì, a Dubai, la conosco, bellissima!" ...forse c'è un po' di confusione! Vorresti inutilmente rispondergli: "Arabia Saudita, Al Khobar - è un altra cosa". E invece finisci col condividere, con gli eventuali interlocutori, i pregiudizi: "Arabo uguale terrorista." "Ma non è pericoloso?" "E la guerra?"
E poi un giorno siamo stati invitati ad andare. E' stata necessaria una lunga trafila burocratica per ottenere il visto, ma risolta da un agenzia di servizio collaterale all'ambasciata, solerte e veloce. Fissata la partenza, sono arrivate le raccomandazioni: l'abaya per mia moglie  da indossare ogni qual volta si è in pubblico, io invece avrei dovuto "indossare" la pazienza e la tolleranza, raccomandazione superflua,  visto che anche da noi ce ne vuole!
Quindi voliamo verso l'Arabia con la presunzione di essere "avanti", con tutti i nostri pregiudizi del caso... ed invece, oltre ad aver goduto di molte cose belle, che turisticamente parlando potrebbero offrire opportunità di business (questi luoghi non sono turisticamente sfruttati per via dell'impossibilità di ottenere il visto a tale scopo!), la sorpresa più gradita sono stati i sorrisi e la cordialità dell'approccio! Ci siamo veramente calati in ogni realtà, non abbiamo  mai avuto la sensazione di essere sgraditi, anzi forse abbiamo acceso curiosità e quando a qualcuno abbiamo detto di essere italiani potevamo leggergli negli occhi uno stupore positivo! I luoghi: il pieno deserto, con i colori delle tonalità dal beige chiaro ad un marrone scuro nei punti dove qualche pietra  di materiale più duro resiste alla erosione perenne; e poi le dune, di una sabbia finissima che ad ogni alito di vento si sposta e disegna le onde come un mare. Ci siamo abbracciati per una foto ricordo, trasgredendo, forse perché lì non è consentito in luogo pubblico, ma era il deserto, ed era un nostro sogno!


Definire le grotte di Al Haza meravigliose è sminuirne la naturale bellezza, intriganti e conturbanti allo stesso modo!

Il cibo meriterebbe una discussione a parte. La nostra cucina è tutt'altra cosa, il nostro è un "saper" mangiare. Quindi, di fronte alle pietanze aromatizzate, speziate, ti viene subito di storcere il naso! Poi ti ricordi che sei qui come ospite... e l'ospite non rifiuta mai! Al limite assaggia e poi declina! Superata la fase dell'imbarazzo, inizi timidamente gli assaggi... e scopri che è anche buono! "Aspetta cos'è?" - chiedo a mia figlia. Mi risponde "E' una semplice purea di ceci, si chiama humus. E' ottimo, vero?"
Ma anche la cabsa, riso basmati con agnello,  spiacente per l'agnello, sopratutto perché sto cercando di convertirmi ad un veganesimo discreto, ma il tutto, anche se speziato, era buonissimo!


Da bere avevamo una varietà di cocktail analcolici, al limone e menta, al melograno. Devo dire che l'assenza di vino non ha proprio pesato. Poi un  caffè al cardamomo e dolci dolcissimi, scusate ma proprio non saprei come descriverli altrimenti, ed anche realizzati con gusto al limite dell'artistico!

Con il muezzin che interrompe la giornata con il richiamo alla preghiera, ci è ritornato il ricordo di quando anche i nostri campanili assolvevano alla medesima funzione. Ora non è più così, possono servire al massimo a scandire il mezzogiorno. Qui le persone pregano veramente, mentre le nostre chiese sono sempre più vuote.
Abbiamo conosciuto Ali, un amico saudita di Hofuf, gentilissimo, ci ha accompagnato a conoscere uno spaccato di vita, guidandoci nei meandri del souq locale, tra merci impossibili accatastate in negozietti angusti, bancarelle di spezie che ostruivano i lunghi corridoi e le botteghe orafe con le porte aperte, le cui vetrine esponevano gioielli di fattura orientale di oro a 24 carati.

E ci siamo, è ora di tornare, all'aeroporto...  l'arrivederci,  la regola comportamentale per cui non ci si abbraccia né bacia, ma pur preso dalla  tristezza ho notato una scena che mi ha colpito. Degli afgani pashtun, riconoscibili dal loro abbigliamento tradizionale, erano freneticamente intenti ad incartare tantissime caramelle, e mi è venuto subito da pensare ai tanti bambini sfortunati, che crescono in un ambiente difficile, e immaginare la gioia nei loro occhi per quei doni, per la nostra cultura consumistica diventati insignificanti. Ebbene non ho trattenuto la commozione, lasciavo un pezzo di famiglia, lasciavo un pezzo di cuore, perché anche le terre lontane possono dirti qualcosa, se solo vuoi sentire..."
 


domenica 5 febbraio 2017

Tanti auguri a me!

E' il primo Saudi-compleanno e come non invitarvi a festeggiare con me? Virtualmente vi ringrazio tutti di aver vissuto con me tante esperienze diverse ed interessanti!
C'è ancora tanto da mettere nero su bianco e l'avventura continua con il quotidiano del giorno dopo giorno. Gli spicchi di questa torta sanno ancora di dolcezza e di voglia di assaporare.
Allora ho deciso di scrivervi di qualche curiosità, di qualche banalità che ultimamente mi ha fatto sorridere, ma che serve a capire quanto radicalmente la religione entri in ogni spazio della vita personale e pubblica di un saudita.

Ero appena all'ingresso di un mall e mi imbatto nel manifesto degli orari di apertura e chiusura delle attività commerciali all'interno. Starete pensando che siano omesse le cinque chiusure quotidiane per preghiera, ebbene sì, ma c'è anche dell'altro: una sorta di avvertenza sul decoro dell'abbigliamento e della lunghezza dei capelli!
Sarebbe un po' la fortuna di una persona calva!
 
Sempre all'interno dello stesso centro commerciale ci dirigiamo verso la gelateria italiana migliore della città. Vanta di aver ricreato anche un'ambientazione che possa ricordare alcuni dei luoghi della costiera amalfitana più belli. Ebbene, se si decide di appendere un poster della piazza di Amalfi, non può mancare il duomo, ma è opportuno cancellare e censurarne la croce!

Partecipo ad una chat di gruppo delle donne che abitano nel mio compound. In realtà ci sono più gruppi, nello specifico, quello di cui vi voglio parlare, è stato predisposto per mettere in vendita oggetti nuovi e mai usati oppure oggetti artigianali, o ancora cibo. Ad esempio, oggi decido di cucinare una torta e metto in vendita le fette che penso non saranno mangiate. Un giorno,  leggo di un integratore vitaminico, che, a quanto pare, sembra sia difficilmente reperibile in Arabia. La persona che si occupava di rivenderlo diceva che sarebbe stato acquistato negli Stati Uniti e che, se c'erano degli acquirenti interessati, potevano prenotarlo e riceverlo da lì ad un mese. Preciso che la venditrice è musulmana, ma in tutta risposta viene subito precisato che queste vitamine non vengono vendute in Arabia perché potrebbero contenere gelatina di maiale e quindi sono "haram", termine che vuole significare un qualcosa di peccaminoso per la religione islamica. La venditrice ribatte subito, infatti, di aver già esortato la persona negli Stati Uniti a verificare che non fosse presente.

 
Mi trovo a passeggiare lungo i corridoi di Ikea e sembra quasi di sentirmi allo store espositivo di Roma, perché rivedo la cassettiera, la scrivania e le librerie "Liatorp" che comprammo per arredare lo studio. Se non fosse che poi alcuni angoli di arredamento sono studiati per i gusti estetici dei locali e allora ti trovi davanti qualcosa di diverso!

Se non fosse che a camminare lungo i percorsi obbligati tra un settore e l'altro siamo tra i pochi europei presenti. Davanti a me cammina una signora piuttosto in carne. Sicuramente l'obiettivo "taglia curve" dell'abaya non aiuta a snellire, se non fosse per il nero, ma la signora aveva davvero una circonferenza vita molto grande. Allora comincio a sospettare che sotto l'abaya queste donne possano nascondere tutta la loro vita, oltre che un abbigliamento volendo dimesso di cui nessuno si accorgerebbe. Ad un tratto la vedo camminare ancora più goffamente a ed inciampa in una coperta che le scende al di sotto della lunga veste! Potremmo quasi parafrasare "sotto il vestito di tutto!!!".
Un giorno mi trovo in una sala d'attesa rigorosamente per donne e non posso guardarmi intorno per scrutare con curiosità cosa stiano facendo. Causa la globalizzazione, come dovunque, la maggior parte di loro è con il proprio smartphone in mano. Quindi, a sguardo basso, ognuna di noi è intenta a leggere, chattare, giocare. Ad un certo punto si sente il rumore di un respiro profondo, come di una persona caduta in un sonno profondo. In poco tempo questo rumore va in crescendo, si sente una donna che russa e ruba qualche goffa risata di sottofondo. Il bello è che il rumore proveniva da una donna con il niqab integrale, quindi serena che nessuno l'avrebbe osservata! Da quel momento non faccio che pensare a quanto buffa invece possa sembrare io che mi addormento a bocca aperta, specialmente quando mi capita di viaggiare in aereo di notte!          

Il mio è stato solo un raccontare con leggerezza di fatti quotidiani, che possono farci sorridere, ma che sono anche molto seri, se guardati dal punto di vista di un religioso ortodosso. Spero di non essere sembrata irrispettosa, ho solo voluto condividere l'osservazione di distanze culturali anche su cose più semplici, ma vive! Ed eccomi allora a dire la mia su quanto pubblicato ultimamente sui social dell'esperienza della giornalista Flavia Piccini ed il suo aver sperimentato ed amato il burqa. In sintesi, la scrittrice in uno dei suoi viaggi si reca a Kuwait City e decide di andare nel souq ad acquistare un burqa. Lo indossa e fa delle riflessioni circa questo indumento, cioè di quanto sia agli antipodi con l'eccessivo accento posto, nella nostra cultura, sull'apparenza. Lei sostiene, infatti, che occorrerebbe "imparare a concentrarci su noi stessi e non sull'abito/aspetto/percezione che diamo e che siamo". Quello che credo è che dovremmo rapportarci gli uni gli altri con grande rispetto reciproco. Ahimè non condivido l'amore per il burqa, forse perchè, volente o nolente, sono figlia di quella cultura che riconosce l'io attraverso il "tu", ovvero la percezione che gli altri hanno di te. Per me, "mostrarsi" è  cura di se stessi perché ci si vuole bene, per rispetto della propria dignità. Ma sono d'accordo che non è necessario dover costantemente accendere i riflettori e mettersi in vetrina!  

Una mattina durante una passeggiata lungo la corniche vengo fermata da una volante della polizia. Ecco che i battiti cominciano ad accelerare, forse per il pregiudizio che siano l'organo rappresentativo di uno dei paesi più rigidi del mondo. Mi preoccupo su cosa dovrò dire o su quali documenti mi chiederanno di esibire.  Al contrario si avvicinano per chiedermi cosa stessi facendo e di quale paese fossi originaria. Al di là del fatto che non so spiegarmi, ma ho riscontrato una diffusa simpatia per l'Italia, quasi sia la chiave per ricevere un atteggiamento più disponibile da una qualsiasi controparte saudita, dal venditore che contrattando ti fa più sconto, al medico che ti fa l'occhiolino dicendo di non preoccuparti per le tue condizioni di salute... alla polizia appunto. Continuano chiedendomi se mi piacesse il paese e cosa mi piacesse di questo mondo musulmano. Rispondo dicendo che quello che ho apprezzato di più è stato il mio essermi sentita accolta (contrastando quella che era la mia stereotipata idea di un popolo integerrimo e severo). Mi rivolgono un sorriso e mi dicono che saranno a pattugliare l'area per l'intera mattina, qualora avessi bisogno, basterà fermarli.

A distanza di un anno, eccomi qui, a sentirmi ancora benvenuta! C'è tanta distanza culturale, ma possiamo alleviarla con un sorriso!