sabato 26 marzo 2016

A metà strada tra Occidente ed Oriente - Seconda parte

Non si potevamo andare ad Istanbul senza aver visitato il Topkapi. Costruito nel 1453, il palazzo di Topkapi è stato la casa di ben 26 dei 36 sultani dell’Impero Ottomano. Si tratta di un edificio immenso composto da chioschi, harem, cortili, corridoi e belvedere. L'harem era l'area dedicata alle donne del sultano. Composto da 300 stanze, 8 bagni, 4 cucine, 2 moschee, 6 cantine, una piscina e un’infermeria. Ospitava circa mille donne, tra cui la regina madre, le favorite del sultano, ma anche ex favorite che gli avevano dato un figlio, domestiche, nutrici, sarte, musiciste, danzatrici e schiave. Tutte sorvegliate dalla figura degli eunuchi, gli unici uomini oltre al sovrano ammessi in questa parte del palazzo. Ed infine visitiamo le 4 sale in cui sono custoditi tutti gli oggetti preziosi appartenuti ai sovrani e sopravvissuti al tempo. Imperdibile il Diamante del mercante di cucchiai, di ben 86 carati e circondato da 49 brillanti.  


Trascorsa in un'intera mattinata all'interno del Topkapi e ci siamo goduti all'esterno il magnifico panorama sul Bosforo.
 
E' quindi quasi scontato decidere di recarcisi per vederlo più da vicino. Lungo la strada che scende verso lo stretto, vediamo dalle vetrine delle donne in costumi locali che tirano la pita. E quindi sostiamo qui per in pranzo dove ci fanno accomodare a terra su grandi tappeti ed adagiati su morbidi cuscini. Forse sarà una ricostruzione a scopo meramente turistico, ma vale la pena lasciarsi incuriosire dall'ambiente e dagli oggetti appesi in ogni angolo.

Avevo visto un documentario e mi era rimasto il ricordo di una storia che avrei voluto rivivere sul posto, con la mia immaginazione. Saliamo in barca per una delle crociere sul Bosforo. I gabbiani che volano ad ali spiegate ed io che mi perdo in quel racconto.  I lati di Istanbul che vi si affacciano sono anche quelli più lussuosamente residenziali. Luoghi meta delle residenze estive di persone agiate del passato, oggi spesso riconvertite in alberghi. Eppure io intravedo in lontananza quella semplice casa rossa in legno dall'architettura lineare e dal colore un po' eroso dalla salsedine. La proprietaria è una violinista ed ama suonare affacciata alla finestra, tanto che i delfini, richiamati dalla splendida melodia, si avvicinano festosi ad ascoltarla!
Sogni terminati, il battello ormeggia al rientro, scendiamo ed optiamo per un the' in un tipico locale nella parte inferiore del Ponte Fatih Sultan Mehmet. E' ormai sera, le luci si accendono su tutta la città, le moschee delineano i loro contorni, ma i minareti si sovrappongono in un continuum non ben distinguibile degradanti verso l'alto della collina.  
 

Siamo all'ultimo giorno, e veniamo svegliati da una notizia agghiacciante. E' il 13 novembre e ovunque fa eco il racconto dell'attentato avvenuto a Parigi. E' tutto così strano. Viviamo l'esperienza di una città meravigliosa, fatta di incontri con persone accoglienti, disponibili ad indicarci i luoghi della loro cultura, desiderosi di condividere i racconti delle loro tradizioni, vogliosi di farci conoscere i loro cibi e non riusciamo ad immaginarci nulla di così atroce. Usciamo in strada ed in un locale incontriamo un uomo, che non tarda a  dichiararsi musulmano. Ci guarda e ritiene di doversi giustificare, di doversi mostrare in modo amicale e di dover sottolineare di non riconoscersi in queste frange estremiste della sua religione. Condividiamo un momento intenso di sentire comune ed una vicinanza che universalmente rifiuta l'accaduto.
Anzi quella stessa mattina ci rechiamo sulla sponda orientale del Bosforo. Superato il lungo ponte, decidiamo di arrivare fino a piazza Taksim, la piazza meglio nota per le proteste e le manifestazioni di dissenso, nel 2013, contro il premier turco Erdogan. E' il centro pulsante della Istanbul moderna e commerciale.


Nel mentre percorriamo una strada alternativa per tornare indietro, veniamo incuriositi da una chiesa. In realtà era più di una chiesa: un centro ecumenico, divisa architettonicamente al suo interno in tre navate. Ciascuna navata ospita un credo religioso diverso: cattolico, evangelico ed ortodosso.  Non ci poteva essere data risposta più significativa allo sconvolgimento della giornata: sotto lo stesso tetto possono sostare persone di credi diversi, possono rispettarsi pur nella loro eterogeneità e ciascuno può rivolgere la propria preghiera al proprio Dio.

martedì 22 marzo 2016

A metà strada tra Occidente ed Oriente - Prima parte


E' ancora vivido nella mia memoria quell'incontro.  Atterro ad Istanbul, dopo due mesi di lontananza da mio marito. E' lui che ha attraversato la sfida più difficile: partire da solo ed affrontare una nuova vita (avevamo deciso che, per opportuna cautela, io avrei lasciato il mio lavoro in Italia per raggiungerlo solo dopo che lui avesse superato il periodo di prova). Metto piede in aeroporto ed il mondo davanti ai miei occhi è completamente nuovo. Crocevia di moltitudini di razze diverse, dal colore della loro pelle, dei loro occhi e dei loro capelli, dall'ascolto della loro lingua, dal colpo d'occhio del loro modo di abbigliarsi. Una lunga serpentina mi separa da lui, ma i nostri occhi si incrociano immediatamente e passa tutta l'emozione del rivedersi. Sono trenta lunghi minuti in cui in uno sguardo ci siamo trasmessi tutta l'intensità dell'essere di nuovo insieme.
Pronti finalmente per vivere questo weekend di ricongiungimento. Non avevo il visto di entrata per l'Arabia Saudita e quindi ci vediamo a metà strada... non soltanto geograficamente, ma anche culturalmente.  Istanbul è l’unica città al Mondo a sorgere su due continenti, laddove aldilà del Bosforo è l'Asia.
Il tempo da recuperare, le parole non dette e quelle storpiate dalle comunicazione a distanza... eppure la magia di questa città ha annullato il tempo, ha creato un "mood" romantico ed affascinante e non abbiamo resistito al girovagare tra le splendide bellezze monumentali e tradizionali di questa città.

Eccoci subito attirati da numerose cupole e minareti svettanti nel cielo ad indicarci la direzione da seguire... ed entriamo nella Moschea del Sultano Ahmet, conosciuta come Moschea Blu per le sue meravigliose maioliche di Iznik che rivestono le pareti interne: sono infatti oltre 21mila le piastrelle in ceramica dalle diverse tonalità di azzurri e blu che ricoprono l’interno della moschea, trasformandola in una vera e propria opera d’arte. Effetto che viene accentuato dalle decine di lampade che dall’alto formano cerchi di luce particolarmente suggestivi.
 
E subito dopo l'altra, la Moschea Basilica Hagia Sofia, la chiesa dedicata alla saggezza divina, il maggior esempio di architettura bizantina al mondo. Si accede nella basilica dalla porta imperiale che era riservata al solo imperatore bizantino e al suo seguito. Ciò che colpisce una volta varcato l'ingresso sono le vaste proporzioni del'ambiente e la bellissima cupola. Il piano superiore è decorato con mosaici che rappresentano veri capolavori dell'arte bizantina. Tra questi, quello raffigurante la deesis dove la Vergine Maria e Giovanni Battista chiedono l'intercessione per l'umanità a Cristo... Ed il ricordo non può che tornare immediatamente ai mosaici ravennati di Sant'Apollinare in Classe ed al Mausoleo di Galla Placidia.
Non lontano, decidiamo di recarci nel luogo più magico della città: la più grande cisterna sotterranea di Istanbul, nota con il nome di Cisterna basilica. Costruita durante il Regno di Giustiniano, è venuta alla luce solo alla fine del XIX secolo. La luce delle torce, l’acqua sul fondo a riflettere i bagliori, le colonne svettanti e un percorso in legno che conduce fino alle due teste di Medusa “rovesciate”...
E quando un po' di stanchezza comincia ad affiorare ci rechiamo al Gran Bazar. Oltre duecentomila metri quadrati di negozi, negozietti, piccole boutiques e chioschi che cercano di invogliare all'acquisto con la loro merce luccicante. Stoffe e ceramiche colorate, lampade e gioielli lavorati a mano, secondo le tecniche più antiche della tipica oreficeria turca. E ci siamo persi in questi vicoli coloratissimi e nei dedali fitti di souvenir.

 
Da un mercato all'altro, arriviamo anche al Bazar delle spezie. Caleidoscopio di colori, è un'esperienza che coinvolge tutti i cinque sensi. E' tutto aromi di spezie e the, display studiati per giustapposizione cromatica, la dolcezza dell'assaggio di frutta secca e loukumi.
Non amo particolarmente i loukumi, ma capitati, per caso, in una pasticceria per un caffè, facciamo due chiacchiere con il proprietario. Finiamo per raccontarci le nostre vite e ci fa assaggiare i buonissimi loukumi tipici di Istanbul, a base di gelatina di melograno e pistacchi.
 

lunedì 21 marzo 2016

Oggi si festeggerebbe il suo compleanno...


Una poetessa, un'ispiratrice... parole, pensieri e riflessioni. Quante se ne sono accavallate in questo periodo di scelte, di cambiamenti... Leggere le sue parole e condividerle nel profondo.

 
Vedi dei grandi cambiamenti nel tuo futuro, ti senti inadeguata e forse incapace di affrontarli, in un domani incerto e sconosciuto e senti tutta la tua fragilità. E poi rivedi la solidità dei tuoi vincoli, affoghi nelle radici di quanto hai costruito. Riprendi forza e vai verso l'ignoto cercando di bastare a te stessa, ma volendo anche godere dell'abbraccio della persona al tuo fianco, che cammina e camminerà con te in questa nuova avventura.
E l'inno di questa poetessa a sorridere, a farlo sempre, ad averne sempre uno da regalare... è gioia!

Dici Bahrain e tutti pensano "vizi"!

 
La città dove abitiamo dista circa 40 chilometri dal Bahrain ed è, quindi, facile per noi poterci spostare agevolmente anche in un altro stato.
La prima particolarità è che l'Arabia Saudita orientale ed il Bahrain sono collegati da un ponte costruito sul mare e denominato King Fahd Causeway.
 
Si tratta di una importante connessione logistica, ma che al contempo collega due paesi in cui gli stili di vita sono molto diversi. In Bahrain non si è vincolati al rispetto delle leggi islamiche saudite, pertanto diventa meta di agognata libertà, soprattutto per gli occidentali che vivono al di qua del ponte.
Se si pensa ad una distanza di 40 chilometri, si pensa che il tragitto sia breve e veloce. Eppure mai dare per scontati i tempi di percorrenza. Ahimè i controlli a cui doversi sottoporre sono numerosi e se la moltitudine di macchine che ha deciso di spostarsi è elevata si possono impiegare anche diverse ore. Quella che segue è immagine tratta da Arabnews in un giorno di elevata presenza di macchine.
 
Gli step che occorre superare sono circa sei: 1) innanzitutto occorre pagare le tasse di ingresso nel paese; 2) viene rilasciata una ricevuta cartacea in cui è riportata l'identificazione della macchina (utilizzano un metodo a lettura ottica, per cui tramite la targa dell'autovettura riescono ad individuarne il proprietario, pertanto nulla di strano se l'impiegato di turno vi saluta chiamandovi per nome); 3) viene ritirata la precedente ricevuta cartacea e vengono visionati i passaporti; 4) vengono timbrati i passaporti; 5) ciascuna macchina viene fermata ed ispezionata per il controllo doganale; 6) viene stipulata un'assicurazione per la circolazione della macchina nello stato in cui si sta per accedere. E finalmente il via libera!

domenica 20 marzo 2016

Hanging around in Damman auction market


Coinvolti da un amico filippino, io e mio marito decidiamo di avventurarci tra alcuni vicoli di Dammam per vivere un'esperienza tipicamente araba.
Per chi vive a Roma, permettetemi l'analogia, è un po' come fare una passeggiata tra le bancarelle di Porta Portese! 
 
Svariata merce, spesso di seconda mano, messa a terra, esposta e venduta per pochi Rial. Nei dedali di strade parallele e perpendicolari si avvicendano merci diverse. Una zona è dedicata esclusivamente a moltitudini di kettles ( i bollitori elettrici), teiere e termos, vassoi, pentolame e stoviglie.
 
E poi si susseguono la zona dedicata all'arredamento (con mobili ed accessori classical chic),  la zona dedicata alla ferramenta, la zona dedicata all'abbigliamento, dove le donne rovistano alla ricerca di capi per tutta la famiglia.


E poi ti perdi nei meandri profumati di essenze, dove pregusti la dolcezza dei loro datteri essiccati

e dove vedi svolazzare colorati tasbeeh.

Fino a trovare l'oggetto più curioso, quello che vorresti portare a casa. L'hai visto, ti ha catturato, ma occorre avviare la trattativa. Odio mercanteggiare, sono per il "primo prezzo", ma il gioco non funziona. Bisogna assecondare questo "botta e risposta", questa, a volte estenuante, rincorsa a strappare il prezzo più avvincente per ciascuna delle parti.     
Anche noi, oggi, siamo attratti da un oggetto che ha risvegliato la nostra attenzione... Forse un po' metafora della nostra nuova vita... Una grande scatola, simile ad una grande valigia ricoperta di una stampa su similpelle che raffigura la mappa del mondo... Il nostra bagaglio, il nostro passato, un background che ci accompagnerà sempre, vivido nel nostro quotidiano e che, come un tesoro, custodiremo e trasporteremo ovunque nel mondo!



 

sabato 19 marzo 2016

Un piccolo mondo parallelo


La soluzione abitativa di un occidentale è, il più delle volte, relegata all'interno di quello che si definisce un "compound". Il termine, che deriva dal malese Kampong e significa villaggio, sta ad indicare un gruppo di edifici delimitati da una recinzione più o meno alta per ragioni di sicurezza.
Prima di partire per l'Arabia Saudita, nella mia immaginazione ritenevo che vivere in un compound fosse come vivere in una "prigione dorata". E, per alcuni aspetti, questa immagine non si discosta molto dalla realtà.  Lo potremmo ritenere una sorta di residence privato, costituito da appartamenti o ville, dotato di spazi comuni (come una club house con sale sia per adulti che spazi gioco per i bambini, biblioteca, piscina, palestra, vari campi da gioco) e servizi (mini market, lavanderia, parrucchiere, ristorante, autobus per accompagnare le donne impossibilitate a guidare).

Un piccolo mondo parallelo dove si può vivere alla maniera occidentale, senza dover sottostare alle leggi islamiche. Per le donne significa essenzialmente non dover indossare l'abaya e poter guidare all'interno (qualora il compound fosse di dimensioni tali da giustificare l'utilizzo della macchina).
Forse la cosa più difficile a cui abituarsi è la modalità di accesso ad un compound... Si deve attraversare un "gate", che potrebbe assomigliare ad un "posto di blocco", con tanto di camionetta mimetica con uomo dotato di mitra. Il primo controllo a cui tutti sono sottoposti è legato alla propria autovettura. Di solito c'è del personale dotato di uno specchio/detector che controlla che non siano state messe delle bombe nella parte inferiore della macchina.

 
Il secondo controllo è al "gabiotto" del gate ed è di tipo documentale. Viene bypassato solo dai residenti nel compound, ciascun ospite o persona esterna deve mostrare il proprio documento di identità.
 
La sicurezza è vitale e si può davvero essere tranquilli all'interno: ogni tanto ci si può anche dimenticare di chiudere il portone di casa a chiave!
Libertà vs sicurezza? Lo scotto di affacciarsi alla finestra e vedere un alto muro di cinta con del filo spinato è ripagato da una serenità in termini di qualità di vita.
 

lunedì 14 marzo 2016

La magia di uno sguardo

Una delle prime cose a cui ci si deve abituare arrivando in terra saudita è l'abbigliamento delle donne. Il vestire della donna è strettamente legato alla seguente citazione coranica:

Sura XXIV An-Nur (La Luce)
"E dì alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non  quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno altro desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare."

Per alcuni questa prescrizione coranica viene interpretata come un invito alla modestia del vestire delle donne, mentre in Arabia Saudita è diventata una tassativa prescrizione religiosa.  Le stesse donne occidentali sono qui obbligate, per legge, ad indossare l'abaya. Si tratta di una lunga veste, di solito di colore nero, che copre tutto il corpo ad eccezione di testa, mani e piedi. Attualmente se ne vedono  alcuni anche di colori più tenui. Di seguito potrete osservare una guida che delinea come un'abaya deve affievolire la sinuosità del corpo femminile.
 
Di solito le occidentali lo utilizzano con grande ironia, ovvero con lo spirito di chi sa di non dover indossare nulla di elegante al di sotto! Ma spesso non è questo lo spirito delle donne arabe, che ne indossano di elegantissimi insieme a decoltè dal tacco vertiginoso. Anche la griffe Dolce & Gabbana ultimamente ha realizzato una collezione di bellissimi abaya.
 
La copertura viene completata dal velo, che fascia la testa ed eventualmente da guanti neri.
La testa può essere coperta parzialmente o integralmente, con diversi livelli di gradualità, come nell'immagine che segue.
 
Il più frequentemente utilizzato dalle donne saudite è il niqab, che lascia appena intravedere gli occhi. Alcune volte questo spiraglio è davvero molto sottile e si fa in modo che la parte superiore sia più sporgente, in modo da nascondere meglio gli occhi. Spesso l'altezza in verticale in prossimità del naso è coperta da un filo nero. Infine, non è raro incontrare chi indossa un velo integrale, che risulta un pò diverso dal classico burka afgano, in quanto non presenta la classica retina, ma è un velo integrale, probabilmente ricavato da una trama di tessuto davvero molto leggera.
Il fatto che questa prescrizione coranica cozzi in modo così lampante con i costumi occidentali, lascia pensare che si tratti esclusivamente di una forma di rispetto per la propria tradizione. Una donna asseconda la copertura perché parte di una comunità, dalla quale, trasgredendo, verrebbe esclusa o comunque giudicata in modo negativo.
Eppure l'obiettivo è chiaro: offuscare lo sguardo, togliere parola agli occhi che parlano di noi, del nostro essere.
... Quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi (A. Modigliani)

Un percorso difficile

Quando scegli di cambiare vita e di andare ad abitare in un paese come l'Arabia Saudita soppesi tantissimi fattori, valuti le possibili eventualità, pianifichi strategie alternative in caso di insuccesso, rimetti in gioco il tuo trascorso, la tua formazione, la tua professionalità.
E poi firmi un contratto di lavoro, sottoscrivi di rispettare regole di vita ben precise.

"Le donne straniere sono tenute a nascondere tutte le fattezze del corpo con una lunga tunica, chiamata abaya, e non possono guidare. Gli uomini devono vestire con decenza, coprendo di regola le gambe ed il torso. Vi è divieto di manifestare pubblicamente un credo religioso diverso dall’Islam (o l’ateismo). Durante le cinque ricorrenze quotidiane della preghiera rituale tutti gli esercizi commerciali e gli uffici pubblici chiudono per circa mezz’ora. E' fatto divieto di mangiare carne di maiale ed i suoi derivati. In Arabia Saudita sono considerati gravi reati l'importazione, la produzione, il possesso ed il consumo di bevande alcoliche, l'uso ed il traffico di droga, il possesso di materiale pornografico, l'omosessualità, la molestia sessuale, la promiscuità di genere, la pedofilia. Le pene sono particolarmente gravi e possono includere la mutilazione, la fustigazione in pubblico, l'espulsione dal paese e la pena di morte."
Eppure nonostante le mille riflessioni, nonostante la consapevolezza di andare ad abitare in un paese "difficile", mio marito è arrivato "zainetto in spalla", per usare un'espressione di una mia amica, e si è trovato di fronte ad un qualcosa comunque di inaspettato.
 
Le difficoltà primarie sono emerse con la lacunosa organizzazione logistica iniziale. L'azienda affida un'abitazione temporanea in attesa che il dipendente scelga la casa dove intenderà stabilirsi. Le circostanze hanno voluto che poco prima del suo arrivo ci fosse stato un brutto incendio abitativo e, a causa della necessaria ricollocazione di diverse persone, a lui sia stato affidato un monolocale piuttosto decadente. Nonostante sapesse di dovervi sostare temporaneamente, la sporcizia, le infiltrazioni di acqua nelle pareti, la mancanza di rete (che può sembrare una mera velleità, ma per chi vive a distanza dai propri affetti soprattutto i primi giorni in un paese straniero è quel respiro vitale che ti ricongiunge con il tuo angolo di familiarità) hanno complicato la vicenda! Occorre poi seguire una lunga trafila burocratica per ottenere la documentazione necessaria alla vita di tutti i giorni, incluso il riconoscimento della propria patente. Anche questo documento può sembrare velleitario e condizionante solo per la propria autonomia negli spostamenti, ma quando arrivi in un paese dove le temperature rasentano i cinquanta gradi anche risparmiarsi pochi passi diventa essenziale per non essere colpiti da un'insolazione o disidratarsi.
Da non sottovalutare poi l'aspetto emotivo a cui ciascuno dà una risposta meramente soggettiva correlata al proprio modo di essere. Non parlo necessariamente di fragilità, ma del voltare pagina dall'oggi al domani,  del dover fare tabula rasa di abitudini, cultura ed affetti, del doversi ricostruire professionalmente, del dover creare il propri habitat ed il proprio network.