Uno dei temi caldi, che mi si chiede di affrontare, è la tanto discussa
questione femminile. Purtroppo, devo ribadire che non ho elementi sufficienti
per trattare o approfondire l'argomento.
Vorrei lasciar parlare i fotogrammi di un film, la cui regia si deve ad una
donna saudita.
"La bicicletta verde" è un film del 2012, scritto e diretto
da Haifaa Al-Mansour. E' l'ottava di dodici figli del poeta Abdul Rahman Mansour, che
la introdusse al mondo dei film attraverso i video, visto che non ci sono cinema
in Arabia Saudita. Si è laureata in Lettere all'Università Americana del Cairo
ed ha completato un Master in Regia presso l'Università di Sidney. Ha
avuto molto successo con i suoi primi cortometraggi
e documentari, dove è sia apprezzata che diffamata, a causa dei suoi argomenti
considerati "tabù" nel Regno saudita, come la tolleranza, i pericoli
dell'ortodossia e la critica alla cultura restrittiva araba.
Per i nostri canoni cinematografici, il ritmo di questo film risulta
sicuramente lento e poco accattivante in termini di creazione di una narratività scorrevole, ma i temi che
emergono sono di sicuro interesse.
Occorre ripercorrere la trama per enucleare alcuni aspetti di vita messi in
luce dalla regista, ma per coloro che vogliono vedere il film, occorre fermarsi
qui e riprendere la lettura dopo la sua visione.
Il link per visionarlo su Youtube è: https://www.youtube.com/watch?v=dUFwaC0XRRo
La protagonista del film è Wadjda, una bambina molto sveglia, spigliata e
talvolta irriverente nei confronti del conformismo religioso. Ama divertirsi
usando di nascosto la bicicletta del suo amico Abdullah.
I due decidono di sfidarsi tra loro,
ma c'è un problema: Wadjda non ha una bicicletta. Un giorno sulla strada per la
scuola vede una bicicletta verde, nuova, ancora avvolta nel cellophane,
trasportata sul tetto di una macchina. La segue fino ad arrivare nei pressi di
un emporio in cui sarà messa in vendita; è allora che si pone l'obiettivo di
comprarla. Chiede al proprietario, donandogli una compilation di canzoni su
musicassetta a suggello della richiesta, di tenergliela da parte finché non
avrà raccolto gli 800 riyal necessari per acquistarla.
Da quel giorno non perde occasione per mettere da parte piccole somme,
vendendo braccialetti da lei stessa intrecciati e facendo piccoli favori alle
compagne di scuola. Sua madre, così come i professori, trova sconveniente che
Wadjda acquisti la bicicletta, ma ha altro di cui preoccuparsi. Lei è infatti
sterile sin da quando nacque Wadjda, e suo marito le ha reso nota l'intenzione
di sposarsi con una seconda moglie per poter dare finalmente alla luce un
figlio maschio. La donna tenta quindi, mostrandosi disponibile e sensuale, di
dissuadere il marito.
Nel frattempo, la scuola frequentata da Wadjda annuncia la gara annuale di
conoscenza del Corano, il cui vincitore si aggiudicherà 1000 riyal. La bambina
non si lascia sfuggire l'occasione e, lungi da qualunque motivazione
spirituale, intraprende dure sessioni di studio con l'obiettivo di ottenere il
denaro col quale comprare la bicicletta.
La sua determinazione fa sì che, non senza grande impegno da parte sua, Wadjda raggiunga il primo posto al concorso. Al momento dei ringraziamenti, la preside le chiede a quale spesa destinerà i soldi, e la bambina confessa ingenuamente di voler comprare una bicicletta. L'intero pubblico è indignato dalle sue parole e la preside le nega di ottenere il premio, devolvendo in beneficenza alla causa palestinese i 1000 riyal.
Wadjda si è dovuta sottomettere alla chiusa mentalità del suo Paese, e sua
madre ha fallito nel tentativo di rimanere l'unica donna dell'uomo che ama. Ma
il finale del film mostra un barlume di speranza: la sera del matrimonio,
Wadjda riceve in regalo da sua madre la bicicletta verde cui aspirava, che nel
contesto assurge a simbolo di ribellione. Le donne devono quindi sostenersi e
collaborare per ottenere la giusta considerazione all'interno di una società
fondamentalmente classista e maschilista.
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