E poi firmi un contratto di lavoro, sottoscrivi di rispettare regole di vita ben precise.
"Le donne straniere sono tenute a nascondere tutte le
fattezze del corpo con una lunga tunica, chiamata abaya, e non possono guidare. Gli uomini devono vestire con decenza, coprendo
di regola le gambe ed il torso. Vi è divieto di manifestare pubblicamente un
credo religioso diverso dall’Islam (o l’ateismo). Durante le cinque ricorrenze
quotidiane della preghiera rituale tutti gli esercizi commerciali e gli uffici
pubblici chiudono per circa mezz’ora. E' fatto divieto di mangiare carne di
maiale ed i suoi derivati. In Arabia Saudita sono considerati gravi reati
l'importazione, la produzione, il possesso ed il consumo di bevande alcoliche,
l'uso ed il traffico di droga, il possesso di materiale pornografico,
l'omosessualità, la molestia sessuale, la promiscuità di genere, la pedofilia.
Le pene sono particolarmente gravi e possono includere la mutilazione, la
fustigazione in pubblico, l'espulsione dal paese e la pena di morte."
Eppure nonostante le mille riflessioni, nonostante la
consapevolezza di andare ad abitare in un paese "difficile", mio
marito è arrivato "zainetto in spalla", per usare un'espressione di
una mia amica, e si è trovato di fronte ad un qualcosa comunque di inaspettato.
Da non sottovalutare poi l'aspetto emotivo a cui ciascuno dà una risposta meramente soggettiva correlata al proprio modo di essere. Non parlo necessariamente di fragilità, ma del voltare pagina dall'oggi al domani, del dover fare tabula rasa di abitudini, cultura ed affetti, del doversi ricostruire professionalmente, del dover creare il propri habitat ed il proprio network.
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