Abbiamo "scelto" di rinunciare ad una vita felice
per molti aspetti, ma per altri non stimolante. Alle volte ci si impantana in
situazioni che attenuano la nostra luce e ci si abbandona, quasi per inerzia
alla routine del quotidiano.
Spesso si pensa che scegliere di partire per andare a
lavorare all'estero sia diventare mercenari di un'azienda, ma non si pensa
anche ai risvolti meramente professionali. Sicuramente l'offerta retributiva è,
per quanto riguarda l'Arabia Saudita, tra gli standard più alti al mondo ed è
accompagnata da un interessante pacchetto di ricollocazione logistica (si è
sollevati dalle spese inerenti casa, istruzione per i figli, assicurazione
medica e biglietti per il rientro in patria). Però occorre anche pensare che entrare
in una grande multinazionale significa essere continuamente aggiornati e
formati, significa potersi confrontare con un ambiente multiculturale,
significa esperire procedure gestionali ed organizzative di alto livello.
Spesso le nostre care aziende italiane, seppur di grandi dimensioni e altamente
performanti vengono gestite alla stregua della piccola azienda familiare con
meccanismi clientelari propri della nostra atavica impostazione culturale.
Inoltre, arricchire il proprio curriculum vitae di
un'esperienza all'estero, significa renderlo spendibile in un mercato le cui dinamiche stanno diventando
sempre più complesse e risentono fortemente della crisi economica internazionale.
Dalla selezione all'offerta contrattuale il percorso è
tutt'altro che semplice. L'intervista di selezione di solito avviene in lingua
e tramite videochiamata, per cui occorre assecondare orari che risentono dei
fusi orari del paese in cui si andrà a lavorare. Sono comunque colloqui
piuttosto numerosi, perché effettuati a livelli diversi: dal selezionatore, a
volte esterno all'azienda stessa, si passa ai referenti HR interni, alla "business
line" ed infine ai responsabili della "business line". Un secondo
step consiste nella ricezione di un'offerta, che, però, è condizionata alla
presentazione di tutta la documentazione necessaria a sostenere quanto
documentato nel curriculum. Un terzo step, forse meno conosciuto nella nostra
esperienza di selezione, è definita "investigation", ovvero la
società contattata per svolgerla, a sua volta, si occuperà di attestare la
veridicità del materiale fornito, contattando le persone a cui si è chiesto di
essere referenziati, contattando facoltà universitarie, istituti professionali,
dove ci si è formati, contattando ex responsabili con cui si è svolta una
collaborazione lavorativa.
Ciascuno step è propedeutico al successivo e, soltanto dopo
aver terminato questo percorso, si può richiedere il visto di entrata. L'Arabia
Saudita è tra i paesi al mondo in cui è più difficile ottenerlo, nel senso che
non prevede visti turistici nella comune accezione del termine. Si accede al
paese solo tramite sponsor, in questo caso l'azienda per cui si andrà a
lavorare. Occorre, quindi, predisporre
un'ulteriore voluminosa documentazione e superare un check up medico per
l'ottenimento dello stesso.
E così step by step, si parte...
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