giovedì 15 dicembre 2016

Roma - Oslo - Manama

Cosa significasse diversità culturale ce lo hanno insegnato tanti anni fa Richard ed Anne. Un'amicizia nata tra mio marito ed il suo "fratello" norvegese sui banchi universitari, quando venuto in Italia per l'Erasmus con la sua famiglia, significò che era accompagnato da sua moglie e Samuel, il loro primogenito.
Ci siamo da subito confrontati con questo mondo parallelo dove i giovani si potevano da subito rendere indipendenti. Noi eravamo sempre molti passi indietro, quante risate... ne uscivamo spesso retrogradi ed arretrati sotto tutti i punti di vista, soprattutto perché viaggiavamo su mondi diversi in termini di opportunità. E così abbiamo visto il nostro amico sempre con gli occhi dell'ammirazione, come chi, avendo delle grandi capacità personali, è riuscito a segnare il proprio cammino personale e professionale!
Pur vivendo in paesi diversi ci siamo spesso ritrovati ora in Italia, ora in Norvegia, per tre anni consecutivi loro hanno vissuto a Roma, poi Richard è stato nostro testimone di nozze
e la piccola Emmeline, la terzogenita, la bimba che ci ha consegnato le fedi... Hanno vissuto, condiviso con noi il nostro sogno, la nostra festa. Loro cambiano diversi paesi, L'Azerbaijan, l'Italia e poi l'Ucraina  e noi rimaniamo incollati alla nostra Italia, incollati alla nostra paura di cambiare fino al giorno in cui scegliamo l'Arabia.
Si propongono di venirci a trovare, un nuovo incontro per noi, l'approccio da vicino per loro con una nuova cultura... E non si può, le porte sono chiuse, nostro malgrado; la casa è grande, li potremmo ospitare volentieri, ma nessuna eccezione, neanche una deroga di fronte ad un passaporto diplomatico. Ma Richard è così, non desiste e allora ci incontriamo al di là del ponte. Si chiama Bahrain, fa sorridere esserci spostati solo di pochi chilometri, ma siamo in terra franca, pronti ad accoglierli. Hanno giustamente pensato di  ampliare il tour e di visitare anche le capitali di Libano ed Oman. Atterrano, infine, a Manama e ci incontriamo per un giro turistico della città.
Li andiamo a prendere in albergo e pensiamo di portarli in un locale tipico per la colazione, ed invece ci perdiamo... Ci avventuriamo in alcuni vicoli della zona centrale e meno moderna, che ci portano ad uno dei forti. Godiamo di una bella vista sulla zona desertica. La sabbia è molto chiara ed il sole la riflette lucente ai nostri occhi.

Il colore molto chiaro dell'argilla che ricopre l'edificio lo rende un tutt'uno con il contorno. Spiccano solo le palme, ci litighiamo quasi l'ombra dei loro rami...

Ma il nostro scopo era la colazione, rispondiamo ad un primo languorino grazie a una specie di pizza ripiena di formaggio appena sfornata! Camminiamo ancora un po', ma del locale di cui eravamo alla ricerca neanche l'ombra. Chiediamo informazioni e per tutta riposta, atteggiamento tipico di questa zona, per non offendere, ci vengono fornite indicazioni errate! E non è solo un simpatico gioco di parole, abbiamo "errato" invano per un bel po'! Fin quando chiediamo semplicemente se sanno indicarci un locale e, ci accomodiamo in un luogo davvero originale! Molto semplice, ma che ci fornisce del riso accompagnato da diversi tipi di carne e verdure, davvero gustoso!
Finalmente ristorati, proseguiamo il nostro cammino verso l'albero della vita,
la Grande Moschea,
ed  il lungomare.
 E' il tramonto e pensiamo di andare a visitare il souq. Cominciamo a perderci un po' all'interno, dentro i vari vicoli, ma dopo cominciamo ad accorgerci che c'è una strana atmosfera. Tutti, adulti e bambini, uomini e donne, sono integralmente vestiti di nero. Ci sono appesi ovunque manifesti neri con scritte in arabo dai colori fluorescenti e le moschee sono estremamente illuminate.
 
 
E c'è anche molta polizia in giro. Non riusciamo a capire cosa stia accadendo, non riusciamo a capire se ci troviamo in una situazione di pericolo, siamo incerti se rimanere, ma una cosa accomuna noi ed il nostro amico, siamo tutti affascinati da queste stravaganze culturali e non resistiamo ad avere delucidazioni in merito.
 
Nonostante il buio, nonostante l'abbigliamento nero, sembra un clima di festa. Ci sono molte persone e tutti risultano molto accoglienti e disponibili a darci spiegazioni. Si tratta di una manifestazione che ha luogo per l'Ashura, uno degli eventi chiave del calendario musulmano sciita. Ashura ricorda infatti l'uccisione dell'imam Hussein, nipote del profeta Maometto, avvenuta a Kerbala nel 680 dopo Cristo. La storia narra che Hussein fosse stato trucidato insieme con 72 suoi fedelissimi dagli uomini del califfo Ommayyade (sunnita), Yazid. Gli sciiti considerano il padre di Hussein, Alì, il vero successore di Maometto di cui era cugino, oltre che genero, per averne sposato la figlia Fatima.
Abbiamo capito solo a posteriori di cosa si trattasse. Bisogna considerare che la maggior parte della popolazione bahreinita si professa musulmana di orientamento sciita, mentre il potere è in mano ad una dinastia sunnita. Si trattava di un evento ufficiosamente tollerato, ed in cui siamo stati favorevolmente accolti. Non è mio scopo quello di esprimere opinioni in merito, ma voglio semplicemente raccontarvi il fatto così come si è mostrato ai nostri occhi ignari. Ci invitano innanzitutto a prendere del caffè speziato e a girare lungo i vicoli. Entriamo in una piccola piazzetta, dove si sta facendo la catechesi dei giovani. L'indottrinamento passa attraverso dei cartoni animati; i bambini vengono invitati a ripetere ad alta voce dei versi; vengono interrogati e viene premiato chi risponde in modo corretto.
 
Trascorre circa un'ora prima che l'evento abbia inizio: si susseguono diversi cortei. Aprono il corteo dapprima delle alte bandiere.

Dopo di che un gruppo di uomini si muove in circolo, guardandosi reciprocamente, uno sguardo di sofferenza, di chi vuole espiare una colpa, si battono forte il petto; forse lo sterno funge da cassa di risonanza perché il rumore sordo che producono è profondo, stanno esprimendo il loro pentimento.
 
Infine avanza il corteo più importante, quello che si autoflagella per espiare la colpa. Si utilizza una catena, o meglio un bastone da cui si dipartono più catene che vengono battute sulle spalle.
 
 
La scena è impressionante, sopratutto perché tra i partecipanti ci sono anche dei piccoli bambini.
 
Lo sbattere delle catene, il colore funereo delle vesti e delle bandiere, le litanie intonate creano un'atmosfera di vera espiazione, ma anche di costernazione da parte di chi partecipa esternamente. Un giovane accompagnatore ci spiegherà che, comunque, l'atto dell'autoflagellazione è simbolico e, di solito, non accompagnato da dolore fisico.
 
Al termine di questi cortei, ci immergiamo nel pieno della festa
 
veniamo invitati ad avvicinarci a dei chioschi che distribuivano cibi e bevande gratuiti. E' l'occasione per immergerci in un qualcosa di autentico, senza filtri e che, ancora una volta, passa anche attraverso i piatti della tradizione. Da una parte si friggono le Awwameh, le palline fritte e poi immerse nel miele e nel sesamo; da una parte si cuoce il chapati, la sottile pizzetta tonda di origine indiana;
 
da una parte si distribuisce una zuppetta di fave; e poi ancora si distribuiscono bevande dal colore rosa "barbie" dal dolcissimo retrogusto alla rosa;
 
bicchierini di latte caldo al cardamomo ed un'estesa varietà di tè con moltitudini di aromi diversi.
Eccoci amici, non siamo riusciti ad accogliervi a casa nostra, ad offrirvi una stereotipata ospitalità, ma siete stati parte integrante di un'avventura, vissuta insieme, che si è creata per caso. Avete addirittura indossato le maglie nere regaletevi da un generoso negoziante affinché poteste immergervi in questo clima. Comunque dei biondissimi norvegesi spiccheranno sempre in una folla di arabi!           

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